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domenica 29 marzo 2015

Genitori: Catechismo sì, ma non senza di voi


Mamma e papà, testimonial del Vangelo



In questa seconda parte si vuol trovare un'intesa di partecipazione dei genitori alla formazione cristiana dei loro figli: risvegliare i ricordi dell'infanzia quando i genitori, anche se analfabeti ci insegnavano le prime preghiere che a loro volta avevano appreso dai nostri nonni. I tempi sono cambiati, la preparazione dei genitori intellettuale dei genitori  pure, ciò che renderebbe più agevole la loro partecipazione, tenendo conto che anche i ragazzi non sono quelli di una volta.
Con la mano sul petto, forse anche noi genitori avremmo qualcosa da rimproverarci in fatto di frequenza religiosa: la Chiesa tutta ha bisogno di noi, in  attesa di un risveglio primaverile dei cuori.


Seconda parte:  Lettera del vescovo di Pinerolo ai genitori , educatori nel cammino dell’Iniziazione Cristiana dei figli


Nei primi anni di vita si prepara il futuro

Il mio pensiero va prima di tutto alle famiglie che hanno bambini da zero a sei anni. È questo un
tempo particolarmente ricco di speranza.
È importante che vi prepariate con impegno alla celebrazione del Battesimo dei vostri figli. Il
Signore li vuole rendere partecipi del dono della sua vita divina. Infatti, ricevere il Battesimo è essere “immersi” nella vita di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Da quel momento ciascuno di noi non ha soltanto più un orizzonte terreno, ma eterno. Sarà certamente un giorno di festa che lascerà una traccia profonda nella vostra vita. Rivolgetevi al vostro parroco, se è possibile ancora prima che nasca il bambino, per comunicargli questa bella notizia. Ne sarà certamente contento. Vi accoglierà con molta cordialità, gioia e premura. Vi proporrà due o tre incontri in preparazione al Battesimo.

Credetemi, sono molto utili, perché vi aiutano a comprendere il dono che vostro figlio sta per ricevere e mettono a fuoco quali sono i vostri compiti e le vostre responsabilità come genitori cristiani. Potrete così conoscere più da vicino il vostro parroco e stabilire con lui un rapporto di autentica amicizia e collaborazione.

Questi incontri, forse, non li farà da solo ma con l’aiuto di una coppia di sposi, genitori come
voi, che porterà la sua bella esperienza educativa.
Dopo il Battesimo, la vostra comunità parrocchiale continuerà a seguirvi. La parrocchia la
dovete sentire come la vostra casa. Nei primi anni di vita, il bambino è particolarmente
sensibile a ricevere stimoli che incideranno sul suo futuro. Occorre non sprecare questo tempo.

Quante esperienze religiose si possono trasmettere ai figli tenendoli ancora tra le braccia! L’amore di Dio si sperimenta attraverso il vostro amore. Ad esempio, pregare insieme in famiglia è un’esperienza molto bella. Ho visto dei genitori piangere, guardando il loro piccolo pregare.
Nel periodo dopo il Battesimo sino ai sei anni, il vostro parroco vi inviterà periodicamente a
degli incontri insieme ad altre famiglie, per aiutarvi a capire le fasi di crescita del vostro bambino
e ad accompagnarlo nel suo sviluppo non soltanto umano, ma anche di fede. Essere genitori educatori è un’arte e bisogna impararla.
Incontrandovi con altre famiglie che hanno bambini potrete fare insieme uno stesso cammino, condividere esperienze e scelte, e stringere anche fruttuose amicizie.

Catechismo sì, ma non senza di voi

I bambini crescono e giunge il momento in cui andrete in parrocchia per chiedere al parroco
quando vostro figlio può iniziare il catechismo con gli altri suoi coetanei. Tra le domande che gli porrete, forse, ci sarà anche questa: “Quando farà la Prima Comunione?” Oppure: “Quando farà la
Cresima?” Se guardiamo bene le cose, forse non sono queste le prime domande da fare.
Desidero, invece, aiutarvi a comprendere che il catechismo non ha come scopo ultimo e principale
la celebrazione dei sacramenti.

Il fine della catechesi dell’Iniziazione Cristiana non è preparare ai sacramenti ma introdurre nella
comunità cristiana attraverso i sacramenti, che sono come i passaggi e i momenti alti del cammino.
La catechesi di Iniziazione Cristiana non è, dunque, semplicemente un insegnamento dottrinale,
né “distribuzione” di sacramenti, ma una introduzione alla vita cristiana che coinvolge tutta
la vita. Si potrebbe dire che è un apprendistato.

Ma per fare questo, la vostra famiglia non deve stare ai margini. Vi trascrivo alcuni pensieri tratti da un documento dei vescovi italiani che ha segnato l’inizio del rinnovamento della catechesi: “Insostituibile è la partecipazione dei genitori nella preparazione dei figli ai sacramenti della
Iniziazione Cristiana. In tal modo non solo i figli vengono adeguatamente introdotti nella vita ecclesiale, ma tutta la famiglia vi partecipa e cresce: i genitori stessi annunciando ascoltano, insegnando imparano”

Mamma e papà, testimonial del Vangelo

• Voglio spiegarvi che cosa si intende dire con “Iniziazione Cristiana”. È questa una espressione
un po’ difficile che ritorna sovente in questa lettera.
Vostro figlio ha già imparato da voi, dal vostro amore, dai vostri racconti, dal vostro modo di pregare chi è Gesù e ciò che egli ci ha rivelato di Dio suo Padre. Verso l’età dei sette anni il bambino si mette con più assiduità alla sua scuola per diventare suo discepolo, per seguirlo come suo Maestro, per imparare la vita buona del Vangelo.

L’Iniziazione Cristiana è, dunque, una crescita progressiva nella fede, è una esperienza di vita cristiana proporzionata all’età dei vostri bambini, aiutati e incoraggiati dalla vostra presenza, con il sostegno della comunità, attraverso il parroco e i catechisti.

I fanciulli devono capire che è bello vivere da cristiani. Per questo il catechismo non è scuola, ma
“esperienza di vita”. Ecco perché insisto che accanto ai vostri bambini dovete esserci voi genitori!
Mamma e papà, siete testimonial del Vangelo!
Prima di tutto con l’esempio. È questa la prima strada per trasmettere la fede e far gustare la gioia
del Vangelo. Senza l’esempio si semina inutilmente. Sono sicuro che date l’esempio di valori umani
all’interno della vostra casa. Devono, però, esserci anche gli esempi concreti di vita cristiana: l’amore vicendevole, il perdono, la preghiera, la partecipazione alla Messa festiva …
Durante questo cammino saranno celebrati i sacramenti della Cresima e dell’Eucaristia.
L’Eucaristia è la fonte e il vertice della vita cristiana, è il sacramento della maturità cristiana.

Nella nostra tradizione, la Prima Comunione costituisce per i bambini e i genitori un indimenticabile giorno di festa. Ma, certamente, non è la «festa della Prima Comunione» lo scopo e il punto di arrivo dell’Iniziazione Cristiana dei vostri figli. Il vero scopo è aiutare i bambini e i ragazzi ad entrare nella comunità cristiana e ad acquisire una «mentalità di fede», cioè imparare a pensare, ad amare, a scegliere, a vivere come ci ha insegnato Gesù.

Lungo questo cammino i sacramenti della Cresima e dell’Eucaristia (e anche quello della Confessione) rappresentano le grandi tappe che ci avvicinano alla méta. La domanda, allora,
non è «quando» si celebra la Prima Comunione, ma «come» possiamo accompagnare i nostri figli all’importante appuntamento con Gesù Eucaristia.
E in questo percorso di avvicinamento ci sarà uno stretto coinvolgimento di voi genitori e, d’accordo  con voi, sarà fissato il «quando».

Intanto sarà bello alla domenica, il giorno del Signore, partecipare insieme, come
famiglia, alla celebrazione della Messa.

L’Eucaristia non è soltanto una bella cerimonia, ma è Gesù risorto che si rende realmente presente nel pane e nel vino, che, per opera dello Spirito Santo, diventano il suo Corpo e il suo Sangue. È difficile spiegare questo. Ma è una realtà meravigliosa. Con l’Eucaristia possiamo dire: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”. Solo partecipando attivamente e con fede alla Messa, passo dopo passo, riusciamo ad afferrare qualcosa di questo mistero e aiutare i nostri ragazzi a penetrarlo per quanto possibile. Così, quando vostro figlio giungerà alla Messa di “prima comunione”, questa sarà l’inizio di un’esperienza forte di amicizia con Gesù che segnerà profondamente la sua vita

venerdì 27 marzo 2015

Genitori, catechisti: educare è cosa del cuore




I figli sono dono di Dio, educare è cosa del cuore


Propongo questa lettera in oggetto in due puntate per dare adito alla riflessione. E' una lettera indirizzata ai genitori, catechisti/e e operatori di catechesi, lettera che vuole aprire la strada per un dialogo con i genitori e avvertire la loro importanza nell'educazione religiosa dei figli. Forse potremo apprendere anche come parlare ai genitori...
La lettera risale a qualche anno fa ma la ritengo ancora attuale anche perché, da quello che so, in questi ultimi cinque anni si è fatto molto poco con le famiglie

Prima parte - Lettera del vescovo di Pinerolo Mons. Pier Giorgio Debernardi ai genitori , educatori nel cammino dell’Iniziazione Cristiana dei figli


Carissimi mamma e papà,

Con questa lettera mi pare di bussare alla porta della vostra casa e di sentirmi invitato ad entrare
per condividere le vostre gioie e le vostre fatiche. Sono contento di incontrarmi con voi.
Anzi vorrei moltiplicare le occasioni di dialogo amico e fraterno.
So che avete dei bambini oppure dei ragazzi che intendete educare nella fede. Penso sia una scelta
che avete maturato insieme. Ne sono contento. Se la vostra famiglia è interconfessionale è indispensabile che sviluppiate una educazione cristiana con genuino spirito ecumenico.
Vi posso assicurare che avete intrapreso un percorso di felicità che ha la sua sorgente nel Vangelo.

I vostri figli sono dono di Dio

Di una cosa dovete essere certi, carissimi genitori, i vostri figli sono una benedizione di Dio.
Diventare papà e mamma è una esperienza meravigliosa che cambia radicalmente la vita. Penso alla
gioia che avete provato quando avete stretto per la prima volta tra le vostre braccia un figlio o una
figlia, vedendo riflessa nei loro lineamenti parte di voi stessi. Sono emozioni intensissime, difficilmente narrabili.
Voi li amate, e tanto, ma ancora di più li ama Dio. La vita è un suo dono meraviglioso, e voi l’avete
accolta con generosità e gioia. Il loro affetto e la loro esuberanza sono la cifra della vostra felicità.
Nella loro voce, nel loro sorriso, nel loro pianto, voi potete leggere ed interpretare tutte le gioie, le speranze e le sofferenze del mondo.

Educare è cosa del cuore

Generare è dono e responsabilità. Educare è come un nuovo “parto” che esige competenza, dolcezza, fortezza e fiducia. San Leonardo Murialdo era solito affermare che “quello dell’educatore è il
mestiere più difficile”. Unisce insieme gioia e trepidazione,vigilanza e perseveranza. Immagino le
soddisfazioni che avete già provato e continuate a sperimentare nel vedere crescere i vostri figli, ma
nello stesso tempo sono anche consapevole delle difficoltà e paure che avete già sofferto e ancora incontrerete.
Non scoraggiatevi. Educare è un’arte che si apprende facendo, osservando e studiando le loro
reazioni. L’educazione ha una qualità senza confronti: “è cosa del cuore”. Così diceva un educatore
che la sapeva lunga, don Bosco. Ma aggiungeva anche: “Noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se
Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano le chiavi”.
Il cuore vi fa sognare grandi traguardi per i vostri figli. Non dimenticate, però, che il vero successo
nella vita dipende dai valori che voi siete capaci di trasmettere, come la fiducia, l’onestà, la laboriosità, l’amicizia, il rispetto, il sacrificio, la sincerità e i gesti concreti di solidarietà. Sono tutte realtà belle che arricchiscono e rendono il nostro vivere pienamente umano. Per questo occorre dedicare tempo per i figli, parlando e dialogando con loro.
Hanno bisogno di voi, delle vostre parole e della vostra attenzione. Bisogna amarli e renderli capaci
di amare.

Trasmettere la fede

Quando avete celebrato il Battesimo del vostro bambino, il parroco vi ha posto questa domanda:
“Che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?”. Avete risposto: “Il Battesimo”. Poi ha aggiunto: “Chiedendo il Battesimo per il vostro figlio voi vi impegnate a educarlo nella fede … Siete consapevoli di questa responsabilità?”. Voi avete detto, spero con convinzione, “Sì.
Il Battesimo è il dono più bello del cuore di Dio, porta con sé la luce e la gioia della fede, che ci fa
intuire quanto Egli ci ama e come è capace di trasformare la nostra vita, aiutandoci a superare ogni
forma di egoismo per vivere nella logica della gratuità e dell’amore.
Questo dono è affidato alla vostra responsabilità e voi ne siete i primi custodi e testimoni. È un compito impegnativo ma certamente ricco di promesse.
Non è mai delegabile, in particolare nei primi anni di vita dei vostri figli. Siete voi che dovete narrare loro chi è Gesù e le realtà belle che ci ha proposto; egli ha vissuto la sua esistenza amando e perdonando, perché anche noi facciamo lo stesso.

Man mano che crescono, i vostri figli dovranno vedere in voi dei testimoni che cercano di vivere il
più possibile, in famiglia e nella società, ciò in cui credono. Senza di voi è difficile trasmettere la fede.
Intuisco una vostra difficoltà. Voi dite: “Come possiamo fare questo da soli?” Io vi rispondo: “La
vostra parrocchia non vi lascia soli. Parroco e catechisti vogliono mettersi al vostro fianco ed aiutarvi in questo compito così importante”.
Certamente in qualche famiglia vi sono delle ferite. Forse anche tra voi due l’unità si è un po’
incrinata, se non addirittura infranta. Nonostante questa dolorosa esperienza, non dovete dimenticare che la Chiesa vi comprende, vi accoglie e vi è vicina nel compito educativo. Non abdicate alla missione più importante per una mamma e un papà.

Ora vengo al perché di questa lettera

La nostra diocesi in questi anni è come un “cantiere” dove si stanno progettando dei nuovi cammini
di educazione alla fede. Lo stesso avviene in tante altre diocesi. Anche i vescovi italiani hanno
scritto una bella lettera che ha per titolo Educare alla vita buona del Vangelo che incoraggia e
sostiene il lavoro che abbiamo iniziato.
Voi mi direte: “Ma non è sufficiente fare come abbiamo sempre fatto?”
La risposta potrebbe essere assai articolata, ma preferisco rispondere con poche parole. È il tessuto culturale e sociale attorno a noi che è molto cambiato. Un tempo nelle nostre famiglie si respirava
una atmosfera cristiana, si sentiva forte l’appartenenza alla propria parrocchia. Oggi non è più così. Anche voi ve ne sarete accorti. Ci sono tante persone che si dicono “senza religione”, c’è un crescente analfabetismo religioso, c’è indifferenza verso le domande sul senso della vita. Vi sono
molti che non credono più in Dio o si fabbricano un dio secondo i propri gusti. Soprattutto la mentalità comune è lontana dai valori che il Vangelo ci propone. Siamo ritornati un po’ tutti “pagani”. Dio non entra più nelle scelte della nostra vita.
Occorre ritornare a vivere il Vangelo nella vita quotidiana, aiutando ogni famiglia a percepire la
sua vocazione di essere “culla” della fede.
Vi voglio, dunque, parlare dei progetti che stiamo preparando e che vi coinvolgeranno più attivamente, perché senza di voi, papà e mamma, la catechesi ai vostri figli è infruttuosa.

giovedì 19 marzo 2015

Papa Francesco e l'anno della misericordia



Chiesa \ Chiesa nel mondo

Anno Santo della misericordia.

Intervista ad Enzo Bianchi: umanità ferita ne ha bisogno


Papa Francesco annuncia l'Anno Santo della misericordia  ANSA
15/03/2015 08:00
“Riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio con la quale siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e donna del nostro tempo”: questo il senso dell’Anno Santo della Misericordia secondo Papa Francesco che, a sorpresa, ha annunciato venerdì scorso l’indizione di un Giubileo straordinario. Tanti i commenti seguiti alle sue parole.

Adriana Masotti ha chiesto a Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, qual è stata la sua reazione:
R. – E’ stata  una reazione non solo positiva, ma direi piena di gioia e con un sentimento di ringraziamento a Papa Francesco, perché fin dall’inizio del suo pontificato lui ha fatto capire a tutta la Chiesa che voleva una stagione di misericordia. Papa Giovanni XXIII aveva già insistito: “Bisogna usare la medicina della misericordia, piuttosto che imbracciare le armi del rigore”. Sono parole sue nella prolusione all’allocuzione di inizio del Concilio. Ecco, Papa Francesco ha ripreso questa eredità. Conosce bene la situazione del mondo: l’umanità è molto ferita, l’umanità non ha grandi orizzonti di speranza, l’umanità ha bisogno che qualcuno si pieghi come il samaritano sulle sue piaghe e soprattutto usi misericordia, pur sempre, certo, dicendo che il male c’è, sempre indicandolo come male, come peccato, ma facendo sempre la distinzione tra il male che c’è e chi lo commette, che può sempre avere un cammino di redenzione e può sempre chiedere perdono al Signore.
D. Il Papa ha parlato soprattutto ai confessori, dicendo che loro dovranno essere misericordiosi
R. – La misericordia certamente, come dice la Scrittura, ha bisogno di uomini e donne che oltre che conoscerla su di loro, da parte di Dio, sappiano poi annunciarla a tutti gli uomini. E i confessori certamente sono al primo punto. Fare il ministro della confessione è una cosa ardua, perché si tratta davvero di collocarsi in ginocchio accanto al peccatore per invocare da Dio l’assoluzione. Bisogna condividere le sofferenze del peccatore, la sua nostalgia di Dio, capire il suo desiderio di cambiare vita, quindi guardare più con gli occhi di Dio il peccatore, non guardarlo con i nostri occhi che lo farebbero soltanto condannare.
D. – Il Papa parla anche di una Chiesa che ha bisogno di misericordia, perché è peccatrice, e che in questo Giubileo potrà trovare la gioia del perdono
R. La Chiesa ha bisogno di riforma - Papa Francesco continua a dirlo - la Chiesa deve essere sempre riformata dal Signore. Vive nel mondo, è composta di uomini e donne, peccatori e peccatrici, e quindi c’è davvero in quest’anno la possibilità per la Chiesa di impegnarsi in questa conversione, di ottenere la misericordia di Dio, di invocarla, riconoscendo le proprie colpe, i propri limiti e mostrando anche una grande solidarietà con gli uomini. Noi non abbiamo steccati con l’umanità peccatrice, siamo loro fratelli. Semplicemente sui peccati siamo chiamati a mettere lo sguardo di Dio, rispetto a loro che magari non ci riescono, perché non conoscono Dio o non ce la fanno ad assumere questo sguardo.

martedì 17 marzo 2015

“:Perché certa gente dice di essere cristiana solo con la bocca ?”


AMORE E GIOIA CRISTIANA





Ormai la Pasqua 2015 è vicina, la quaresima vissuta in attesa di misericordia un po’ alla volta ci ha orientati verso uno stile di via più sobrio, di mortificazione e di aiuto verso i bisognosi. Ma non tutti i nostri fratelli hanno voluto o potuto adempiere a certi atti religiosi proprio di questo periodo. Altri si chiedono e ci interrogano:
“:Perché certa gente dice di essere cristiana solo con la bocca ?”

Domanda che ci poniamo in tanti soprattutto quando incominciamo a fare qualcosa da cristiani, domanda che può portarci alla scoraggiamento o meglio ad un maggiore impegno. Cerchiamo di evitare il primo e assecondare il secondo.

Oggi manca la coscienza della fede. Si è spesso cristiani per tradizione e non per formazione, non si prende coscienza della propria fede venendo a mancare, di conseguenza, la necessità dell'impegno per mancanza di formazione..

Per fortuna in questi ultimi anni, dopo il concilio vaticano secondo, qualcosa è cambiato,
molto lentamente come, permettetemi di dirlo, tutto nella nostra grande e piccola chiesa. Pensate alla divulgazione della lettura della bibbia, alla catechesi della bibbia. Se ne parla ancora poco,si spiega meno e male. Molti cristiani fanno fatica, lo trovano difficile, per non dire incomprensibile, i sacerdoti sono fermi a prediche di morale e non a una esegesi biblica, cardine di scienza per la sicurezza della nostra fede.

Eppure nella bibbia c'è la nostra storia, la nostra vita rapportata a Dio, il nostro modo di dire un sì convinto alla Parola , alla manifestazione della volontà e dell'amore di Dio all'uomo.
Mi guarderei però dal giudicare chi si dice cristiano e poi...

Ognuno di noi ha ricevuto la fede, ma non tutti abbiamo avuto le stesse possibilità di farla crescere , la fortuna di un aiuto, o anche solo l'opportunità fisica, mentale e temporale per farlo. Spesso la fede di un analfabeta è più grande di quella di un teologo…una fede senza problemi, una fede tramandata forse da un altro analfabeta…

A noi, se pensiamo di essere stati più fortunati, il compito-dovere di mostrare una fede vera, sincera, con ottimismo e gioia, misurata col metro dell'amore, accresciuta con la vera sapienza, di cui parla l'apostolo Paolo.

Da tanti cristiani e non, la Chiesa è considerata come la religione del dogma, delle rinunce...del peccato in prima linea…
Spesso, abituati da una formazione ormai antiquata, di altri tempi, usiamo nel nostro parlare frasi che richiamano a tutto questo.
Se invece capissimo fino in fondo che la nostra è una religione dell'amore, parleremmo solo di gioia, serenità...La nostra è una fede arriva dall’essere di Dio che è Amore.
Noi " siamo nel mondo ma non del mondo":essere nel mondo non vuol dire rifiuto, ma viverci, accettare, usare, godere,soffrire perché queste ed altre cose appartengono alla nostra natura umana

Gesù ci ha fatto la rivelazione di Dio Padre e della sua essenza amorosa: Dio è Amore e chiede amore dall'uomo. Guardando questo aspetto in Gesù vediamo che sfocia nella Croce, altra rivelazione da collegarsi a Dio Amore, che dà suo Figlio per l'amore di noi uomini, per la nostra salvezza: la sofferenza come vera essenza dell'amore sfocia nella Pasqua.
 QQ


In sostanza il messaggio di Gesù è di amarci come lui e il Padre si amano, come lui ci ha amati. Leggendo i vangeli con quest'ottica vedremo che ogni pagina parla di amore. Allora perché rinunciare alle cose belle e buone del mondo se l'amore è la nostra prima condotta di vita: ama e fai quel che vuoi, diceva sant'Agostino. L'amore non è portato al male, ma non rifiuta la sofferenza. Abbiamo mille motivi per essere sereni, amarci fra di noi, essere di esempio e meraviglia
 per chi non crede,

Non pensate che invece di dire "morire al mondo" è preferibile dire " vivere in Cristo"? invece di dire" non peccare" è meglio dire " fare il bene"?.
Queste sono le nuove indicazioni della catechesi. Far vedere l'amore che ci spinge e non la osservanza delle leggi che sono sempre un mezzo, che chi ama le osserva di conseguenza; non il castigo che si teme, ma l'amore che si dona.

Il nostro mondo oggi vede più le cose da fare che quelle da evitare: è la mentalità dell'avere, del possedere, del relativismo...tutte cose che il cristiano deve saper giudicare nelle sue componenti storiche, sociologiche, etiche prima che morali e poi proporre cose nuove, a cominciare da quella straordinaria rivelazione di Gesù: l'Amore.

Perché a tanti fedeli non piacciono le prediche moralistiche che parlano sempre di non fare questo, fare quello... e quando sentono un sacerdote che parla dell'amore di Gesù per gli uomini
sono più contenti e più soddisfatti? Tra questi ultimi spero che ci sia chi ha letto e chi leggerà queste poche righe, nate dal desiderio di comunicare la gioia e la misericordia di Dio.

lunedì 16 marzo 2015

Cristiani perseguitati, uccisi



Pakistan, i vescovi: il governo ci lascia soli
 
16 marzo 2015 da L’AVVENIRE


 

Manifestazione di protesta dei cristiani pachistani


Proteste e preghiera, rabbia e lutto. All'indomani del duplice attentato compiuto da kamikaze talebani in altrettante chiese di Lahore, che ha causato 15 morti e 78 feriti, la comunità cristiana pachistana osserva oggi un giorno di lutto e dolore.

Anche i governi delle province di Punjab e Sindh, riferisce Dunya Tv, hanno decretato una giornata ufficiale di lutto invitando la popolazione a solidarizzare con le famiglie delle vittime. Tutte le scuole e le istituzioni cristiane sono rimaste chiuse, mentre è in atto un piano per rafforzare la sicurezza davanti a tutte le chiese del Paese dove sono previste funzioni funebri e di preghiera.

Proteste in parecchie città
.
La polizia ha disperso una protesta di cristiani a Lahore, caricando i dimostranti e lanciando gas lacrimogeni. Lo ha riferito il portavoce della polizia, Nayab Haider, affermando che gli agenti "volevano disperdere pacificamente i manifestanti e non hanno inizialmente fatto nulla". Tuttavia, dopo che quattro dimostranti sono stati feriti da un'auto che li ha investiti, la folla ha iniziato a lanciare pietre contro auto e case. Centinaia di dimostranti sono scesi in piazza anche a Peshawar, Faridabad, Multan, Quetta e a Karachi, nel sud del paese, dove sono stati incendiati pneumatici per bloccare una via di grande scorrimento.

I vescovi: no alle violenze, ma le autorità non ci proteggono.
La protezione fornita dalle autorità è stata "minima", nonostante gli allarmi lanciati nei giorni scorsi per le minacce ricevute dalle chiese e "gli agenti presenti al momento dell'attacco erano occupati a guardare in tv la partita di cricket. Per questa negligenza molti cristiani hanno perso la vita": lo afferma una nota della Commissione "Giustizia e Pace" (Ncjp) della Conferenza episcopale del Pakistan. Nel comunicato diffuso da Fides, l'organismo invita "il governo ad adottare forti misure per proteggere le chiese e le minoranze religiose in Pakistan", ricordando che "la comunità cristiana del Pakistan è stata presa di mira dagli estremisti già in passato". Il direttore nazionale della Commissione, p. Emmanuel Yousaf Mani, e il direttore esecutivo, Cecil Chaudhry Shane, dichiarano in modo congiunto: "Chiediamo che il governo provinciale e federale prenda provvedimenti seri per proteggere le minoranze". Nella nota chiedono anche "ai fedeli di non reagire con la violenza e di collaborare con forze di polizia nelle indagini".

Gli attentatori erano talebani.
 I due attentatori suicidi talebani appartenevano al Tehrek-e-Taliban Pakistan (Ttp) Jamat-ul-Ahrar, che ha rivendicato l'attacco a sostegno dell'introduzione in Pakistan della Sharia (legge islamica). I kamikaze si sono fatti esplodere domenica mattina all'ingresso delle due chiese, vicine fra loro (la cattolica St John's Church e la cristiana Christ Church) nel quartiere di Youhanabad. Due agenti hanno perso la vita nel tentativo di fermarli.

Le parole del Papa ieri all'Angelus.

 «Con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace».

domenica 15 marzo 2015

Il 22 maggio il popolo irlandese sarà chiamato a votare in un referendum che cambierà il significato del matrimonio nella Costituzione dell’Irlanda.


Vescovi Irlanda: Proteggere diritti civili dei gay senza pregiudicare significato del matrimonio






I vescovi cattolici sottolineano l’importanza di un’approfondita riflessione in vista del voto. “Il matrimonio è di fondamentale importanza per i figli, le madri e i padri, e per la società”, esordiscono i presuli in una dichiarazione diffusa ieri, nel corso dell’Assemblea generale di primavera. “L’unione di un uomo e di una donna nel matrimonio, aperta alla procreazione dei figli, è un dono di Dio che ci ha creati ‘maschio e femmina’”, si legge nel testo. 

Rapporto tra uomo e donna è unico e aperto alla vita



“Anche la ragione porta alla verità sulla sessualità umana che rende il rapporto tra un uomo e una donna unico. Madri e padri portano doni diversi, ma complementari” nella vita di un figlio. I vescovi spiegano di non poter sostenere un emendamento alla Costituzione che ridefinisce il matrimonio e “pone di fatto l’unione di due uomini, o due donne, alla pari con il rapporto coniugale tra marito e moglie, che è aperto alla procreazione dei figli”, ed esprimono la preoccupazione che, “se passasse l’emendamento, diventerebbe sempre più difficile parlare ancora in pubblico del matrimonio” come vincolo tra un uomo e una donna. 



Proteggere diritti civili dei gay senza pregiudicare significato del matrimonio

“Cosa insegneremo ai bambini a scuola sul matrimonio? Coloro che sinceramente continuano a credere che il matrimonio è tra un uomo e una donna, saranno costretti ad agire contro la propria coscienza?”, si chiedono i vescovi irlandesi invitando a trovare un modo per “proteggere i diritti civili delle persone omosessuali senza pregiudicare il significato fondamentale del matrimonio come comunemente inteso tra culture e fedi nel corso dei secoli”. “The Children and Family Relationships Bill”, avvertono, si propone di “eliminare la menzione di madri e padri da tutta una serie di leggi precedenti”. Di qui l’incoraggiamento a tutti a riflettere su questi temi e a votare il 22 maggio. 

Riflettere prima di modificare l'emendamento sul matrimonio
 
Gli effetti dell’emendamento proposto “saranno di vasta portata per questa e per le generazioni future. Diciamo a tutti gli elettori: il matrimonio è importante. Riflettete prima di modificarlo”. Infine l’invito alle persone di fede a “portare questa decisione nella preghiera” e un annuncio: “Nelle prossime settimane, e in particolare a maggio, il mese di Maria, invitiamo alla preghiera per il matrimonio e la famiglia”. (

R.P.) Radio Vaticana