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venerdì 26 aprile 2013

Catechesi e la parrocchia






Parrocchia,  Parroco e laici cristiani






Il carattere popolare della parrocchia

è una grande risorsa da ritrovare

e da far emergere

in tutte le sue potenzialità


Parrocchia non è una chiesa ma un territorio con una comunità di fedeli che rispondono alla chiamata di Gesù, non è la casa del parroco, non è l’oratorio.
Laici sono chiamati i fedeli non consacrati come sacerdoti, religiosi, monaci, suore.
Chiesa è il luogo di incontro della comunità, luogo di preghiera e di celebrazione dei misteri di Gesù, luogo di catechesi.
A capo della parrocchia-comunità il vescovo designa un sacerdote come pastore e guida: col sacerdote collaborano strettamente alcuni laici, donne, uomini, ragazzi e ragazze.

Il Parroco

è ministro consacrato ma anche uomo, come Pietro, Giovanni, Giacomo, Matteo, Luca, Paolo, come me, come te…
Può essere santo o no: attenzione a fotografarlo ognuno alla propria maniera, è sempre uomo inviato dal Signore, dispensatore di grazia sia della Parola come anche dei sacramenti.
Possiamo immaginarlo o volerlo come Gesù, possiamo contribuire affinché lo diventi.
Forse tutti lo vorremmo innamorato di Cristo per farci innamorare più facilmente,
uomo di Dio;
padre generatore di figli nello Spirito;
mediatore che insegna la volontà del Padre, un profeta;
il primo nella preghiera,
 il primo nel lavoro,
il primo nello stare insieme per fare comunità;
il primo nella verifica, nel confronto per dare e ricevere coraggio;
il primo che consola nello sconforto, che incoraggia chi riesce bene nel lavoro svolto.
Il primo a farci sentire parte della chiesa diocesana e della grande Chiesa universale.
Il primo amico dei giovani affinché la nostra comunità non sia formata da soli vecchi.
Il primo a dare fiducia, a delegare perché non può fare tutto lui.
Il primo…

Primo, potrà esserlo se i laici, non lo lasciano solo, perché spesso è solo; se il loro impegno è assiduo e generoso; se in ogni cosa, assieme a lui, contribuiscono alla crescita della comunità; se la loro coscienza cristiana non resta ferma alle istruzioni della prima comunione e cresima ma continuamente si cerca di progredire nella propria formazione; se efficacemente con lui sanno affrontare cristianamente ogni situazione.

 A questo senz’altro aiuta un parroco saggio, attento alla formazione di coloro che chiama a svolgere delle mansioni pastorali, delegandoli come amici e non solamente come collaboratori.
Il Parroco deve tener presente che ogni cristiano è chiamato nella chiesa ad esercitare l’esercizio dell’ufficio profetico che è il parlare delle cose di Dio, manifestarle e operare per Lui.

“ A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito” (1 Cor 11,7-11).

Il parroco e i laici suoi collaboratori non trascurino nessuno nella catechesi, devono arrivare dove a prima vista sembra impossibile. Il parroco è pastore e conosce (deve conoscere) tutte le sue pecorelle, chiamarle per nome…non può e non deve trascurare nessuno.

Collaboratori laici

sono coloro che aiutano il parroco nello svolgimento della vita cristiana e comunitaria della parrocchia. Persone che si distinguono per attaccamento e pratica della fede, che dimostrano certe attitudini e carismi per svolgere un ruolo specifico da soli o in gruppo.
I collaboratori svolgono un ruolo importantissimo nella comunità: spesso arrivano dove il parroco non può; il loro lavoro aiuta a far crescere la fede e la comunione nella chiesa; sono promotori di rinnovamento spirituale, crescita della comunità; la loro presenza attiva è “presenza salvifica della chiesa nella parrocchia e nel mondo”.
Della loro formazione deve occuparsi il Parroco, attento nelle scelte delle persone secondo i carismi di ognuno, e il grado di fede raggiunto. Nessuno deve essere mandato allo sbaraglio onde evitare guai a volte irreparabili: è importante la disponibilità al confronto.

“Ciascun membro del popolo di Dio deve farsi attento ai suoi rapporti quotidiani con gli altri. Deve cioè superare la mentalità di chi, consciamente o meno, lascia l’esercizio dell’ufficio profetico ai sacerdoti, ai religiosi, ai catechisti, ai missionari, che operano in forme istituzionalizzate. La vocazione degli uomini alla fede e la loro stessa maturazione cristiana vengono decise sempre più frequentemente attraverso la testimonianza, che i battezzati possono rendere nelle più disparate occasioni d’incontro e di dialogo” (Rinnovamento della catechesi, 23).

Tra il parroco e i laici deve esistere un clima di collaborazione vitale: sincero, rispettoso, religioso, amico, autentico, attento a non spegnere mai lo Spirito.
Il compito dei laici non può essere un compito di subordinati, ma di effettivi collaboratori.

 “ Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelle che faticano tra voi, che vi fanno da guida nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e amore, a motivo del loro lavoro.  Vi esortiamo, fratelli, ammonite chi è indisciplinato, fate coraggio a chi è scoraggiato, sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti…Non spegnete lo Spirito” (1Tes 5,12-19).

I laici sono attori della pastorale nell’ambito loro affidato e soggetti di pastorale da parte del parroco: né il parroco, né i suoi cooperatori pensino di essere perfetti, devono continuamente crescere nella fede e nell’amore di Dio, crescere insieme.
Il parroco e i laici impegnati rifiutino ogni pastorale che miri soltanto alla formazione di pochi privilegiati trascurando di curarsi degli altri.

Ogni azione pastorale deve essere mirata ad una pastorale di popolo, deve arrivare a tutto il popolo, accompagnare la crescita di tutta la comunità.

I diversi gruppi di preghiera, liturgia, giovani, sposi, biblici, catechisti, di carità… il consiglio pastorale compreso, devono comunicare con la comunità tutta, far pervenire il messaggio del loro pregare, del loro riflettere, delle loro opere: la comunità va informata e investita.
Solo così la comunità crescerà, i lontani si avvicineranno, i deboli diventeranno forti: ci sarà una vera comunità cristiana che sarà riconosciuta da tutti al vedere come si amano.

“Una catechesi che coinvolge tutta la parrocchia, a sua volta sconvolge la parrocchia e la costringe a rinnovarsi. Soltanto una parrocchia sconvolta e rinnovata è in grado di fare catechesi” (don Tonino Lasconi.)


Pastori e laici assieme.

 “ I pastori riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere di propria iniziativa…
Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei pastori.
 E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggior efficacia la sua missione per la vita del mondo” (Lumen gentium cap.4,37).

Tu, catechista,

operatore di catechesi, annunciatore di salvezza avrai dei colleghi/e con cui spartire il lavoro, spartire non vuol dire arrangiarsi ma lavorare insieme, aiutarsi a vicenda, pregare insieme, riflettere insieme, formarsi insieme alla vita buona del vangelo.

Collabora col tuo parroco con fiducia e perseveranza, parla dei problemi che incontri esigendo delle risposte; proponi e discuti con lui e i colleghi cose concrete per migliorare la vostra attività pastorale; evita le critiche inutili perché non portano da nessuna parte; prega, prega per te, per i tuoi ragazzi, per il tuo parroco e per i tuoi colleghi, per i genitori dei ragazzi; prega per tutta la comunità parrocchiale, per la sua crescita.  Prega assieme ai tuoi ragazzi…

Nella comunità esisteranno altri gruppi con altre mansioni: non trascurarli ma collabora con essi mantenendo l’unità voluta da Gesù, “che siano una cosa sola”; organizzate assieme al parroco delle giornate di fraternità e di formazione che siano anche giornate di festa.


venerdì 12 aprile 2013

Cosa ci manca per essere una famiglia migliore?...




Una famiglia migliore  di Patrizio Righero







Tutto qui, Signore.
Non c’è proprio altro.
Solo una famiglia come tante.
Siamo così.

Solo così.
Un marito e una moglie,
due bambini di 5 e di 9 anni,
una casa in affitto
che ci stiamo dentro appena appena.

Siamo tutto qui, Signore,
un lavoro e mezzo,
un auto da 150mila chilometri,
un cane, un gatto e una cocorita.

Vorremmo essere di più:
più presenti in parrocchia,
più disponibili per il volontariato,
più capaci di accogliere in casa nostra
chi si trova in difficoltà.

Vorremmo avere più tempo
per pregare,
per qualche ritiro,
per ritagliarci giornate di silenzio.

Invece siamo solo quello che siamo,
una famiglia chiassosa,
un po’ disordinata,
sempre in ritardo su tutto.

Le preghiere le diciamo la sera
prima di addormentarci
e qualche volta qualcuno
dorme già.

Ti offriamo quel che siamo:
le nostre lamentele davanti al Tg delle 20,
i compiti da finire e i piatti ancora da lavare,
le corse per far quadrare gli orari,
i quattro calci al pallone
nel cortile del condominio,
i week end a scarpinare in montagna
(che costano niente e fanno bene alla salute).

Quel che ci manca per essere
una famiglia migliore
metticelo Tu, Signore,
che conosci le dosi e i tempi
e che, sopra ogni cosa,
conosci ciascuno di noi.
 
(Letizia e Mauro, più Enrico e Matteo)
Fonte: "Un minuto con Dio" di Patrizio Righero, Ed. Elledici 2011

giovedì 11 aprile 2013

Servi inutili a tempo pieno di don Tonino Bello


Servi inutili a tempo pieno di don Tonino Bello

 

 

"Anche tu per evangelizzare il mondo":


     il Signore ce l’ha anche con te.


La sua mano tesa ti ha individuato nella folla.




"Anche tu per evangelizzare il mondo": il Signore ce l'ha anche con te. La sua mano tesa ti ha individuato nella folla.
E' inutile che tu finga di non sentire, o ti nasconda per non farti vedere. Quell'indice ti raggiunge e ti inchioda a responsabilità precise che non puoi scaricare su nessuno.

"Anche tu". Perché il mondo è la vigna del Signore, dove egli ci manda tutti a lavorare.
A qualsiasi ora del giorno.

Non preoccuparti: non ti si chiede nulla di straordinario. Neppure il tuo denaro: forse non ne hai.
E quand'anche ne avessi, e lo donassi tutto, non avresti ancora obbedito all'intimo comando del Signore.

Si chiede da te soltanto che, ovunque tu vada, in qualsiasi angolo tu consumi l'esistenza, possa diffondere attorno a te il buon profumo di Cristo. Che ti lasci scavare l'anima dalle lacrime della gente.

Che ti impegni a vivere la vita come un dono e non come un peso.

Che ti decida, finalmente, a camminare sulle vie del Vangelo, missionario di giustizia e di pace. Esprimi in mezzo alla gente una presenza gioiosa, audace, intelligente e propositiva.

Ricordati che l'assiduità liturgica nel tempio non ti riscatterà dalla latitanza missionaria sulla strada. Ma fermati anche 'a fare il pieno' perché in un'eccessiva frenesia pastorale c'è la convinzione che Dio non possa fare a meno di noi ... ".

“… Se vi dicono che afferrate le nuvole, che battete l'aria, che non siete pratici, prendetelo come un complimento.

 Non fate riduzioni sui sogni. Non praticate sconti sull'utopia.

Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e vi date da fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: " Ma cosa si cela negli occhi così pieni di stupore di costoro?"

(don Tonino Bello)








Testo ripreso da    http://leggoerifletto.blogspot.it 



















martedì 9 aprile 2013

Chiesa e famiglia numero 1: ci interroghiamo per un cambiamento





Carissimi Genitori, operatori di catechesi, catechisti

 Questa è la prima di alcune conversazioni che vorrei proporvi ogni tanto per stimolare in me e in voi delle riflessioni per migliorare la nostra fede vissuta a  livello personale e familiare: darò degli spunti di riflessione da fare in famiglia, o da usare nei gruppi parrocchiali, negli incontri con i genitori.
Ringrazio fin d’ora quanti leggendo questi appunti vogliano dare dei suggerimenti, fare delle proposte anche sugli argomenti da trattare: sono sicuro che ognuno di voi ne ha tanti.
Potete farlo commentando alla fine dell’articolo cliccando sulla voce “commento” o “nessun commento", con una email ovvero telefonando al numero 3383758534: vi garantisco che risponderò a tutti.
                                                      


     
 




Catacombe cristiane a Roma: qui i primi cristiani si riunivano per l'ascolto del Vangelo, per la preghiera.

Solo così, nascosti, potevano vivere la fraternità, il comandamento dell'amore.

Da qui molti sono andati  incontro al martirio.






Domande, riflessioni in cerca di una risposta



La Chiesa, noi tutti che formiamo il popolo di Dio, ha un Padre, padre di tutti, nessuno escluso sia santo o peccatore: siamo una comunità cristiana.
La comunità cristiana è come un grande organismo che è presente in tutto il mondo: ognuno di noi ne è parte viva. Un gruppo, un organismo, una comunità funziona se ogni sua parte contribuisce al suo funzionamento.

Ognuno di noi ha fatto almeno una volta nella sua vita un’esperienza o più di vita cristiana, vita di fede: battesimo per i nostri figli, la nostra prima comunione e cresima, anche il nostro matrimonio felicemente celebrato, festeggiato e vissuto cristianamente.
Ognuno risponda sinceramente a se stesso:
-          Se crediamo veramente e fedelmente
-          Se ci siamo fatti una fede per conto nostro
-          Se ci preoccupiamo di conoscere e approfondire la nostra Fede
-          Se ci sentiamo dentro o ai margini della comunità cristiana
-          Quanto incide la fede sulla nostra vita di tutti i giorni: in noi, nella nostra famiglia, nel rapporto con gli altri
-          Partecipiamo alle attività della parrocchia?
-          Preghiamo da soli o insieme in famiglia?

Sicuramente abbiamo celebrato il battesimo dei nostri figli e ci prepariamo o lo stiamo facendo ad avviarli alla catechesi di iniziazione cristiana in preparazione della prima comunione e della cresima.
Abbiamo mai pensato quale è stata la nostra esperienza? Che ricordi abbiamo? I tempi di allora sono gli stessi di oggi o qualcosa è cambiata? O siamo cambiati anche noi? Non è forse vero che i primi insegnamenti cristiani li abbiamo ricevuti in famiglia? Abbiamo fatto lo stesso con i nostri figli? Quale esempio abbiamo dato in modo che anche loro possano un domani ricordarsi di noi come noi dei nostri genitori?
Forse questo è il momento che Dio attendeva per darci una nuova opportunità, darci la mano per riprendere un nuovo cammino di fede, un impegno educativo nuovo per i nostri figli.

Oggi viviamo una realtà differenziata e confusa:

-  Molti genitori, pur cristiani, sono indifferenti al problema della fede: in casa  non parlano di Dio, non pregano, non vanno in chiesa, si avvicinano alla comunità parrocchiale soltanto per chiedere servizi religiosi per tradizione.

- Le separazioni coniugali, i divorzi, le convivenze sono realtà che allontanano dalla pratica della fede  per motivi non compatibili con una vita etica cristiana

- Il catechismo tradizionale, anche se migliorato dopo il Concilio vaticano secondo è concepito ancora in  modo tradizionale e impostato ad una situazione di fede diffusa  per tradizione e non migliorata. 

Oggi le cose sono profondamente cambiate. Continuare una catechesi “ per la vita cristiana e per i sacramenti”, quando la fede stessa non esiste o è molto povera, significa di rievocare un passato che non c’è più con cui non si può costruire un mondo nuovo continuamente in trasformazione: è come rattoppare un vestito nuovo con una stoffa vecchia.
C’è bisogno di creare un mondo nuovo con una fede rinnovata: molti sacerdoti e catechisti sono confusi e scoraggiati, spesso anche loro impreparati ad affrontare una nuova catechesi assieme ai genitori che spesso invitati a collaborare non rispondono: hanno bisogno della vostra collaborazione.

Che fare?

Innanzi tutto c’è bisogno di  una presa di coscienza da parte della comunità, sacerdoti e laici, operatori di catechesi, animatori, catechisti e famiglie, che abbiamo di fronte una massa di battezzati  poco evangelizzati da una parte, e dall’altra poca formazione per una pastorale efficace per rispondere alle sfide attuali e rispondere al futuro di una Chiesa rinnovata. Unirsi per cercare delle vie nuove, creare nuove esperienze.

L’idea lanciata da Giovanni Paolo secondo che “la famiglia precede, accompagna e arricchisce ogni altra forma di catechesi”spinge a riflettere e a cercare modi nuovi per comunicare la fede: in queste situazioni cresceranno le parrocchie che studiano, sperimentano e intraprendono strade nuove, senza paura di sbagliare, senza paura di fallimenti. C’è bisogno di rischiare, e se necessario andare controcorrente. Gesù ci direbbe: “ Non abbiate paura, ci sono anch’io!”.

Protagonisti di questo modo nuovo di proporre una corretta evangelizzazione saranno:

-          Le famiglie intese in senso ampio, aprendo la possibilità di partecipazione anche alle famiglie “irregolari” e a quelle in cui solo uno dei genitori è credente: Dio Padre non esclude nessuno!
-          I sacerdoti saranno la guida diretta o indiretta di questo cammino solo se noi laici parteciperemo attivamente con proposte concrete: da cristiani passivi passare a protagonisti.
-          I giovani che hanno bisogno solo di una cosa: essere ascoltati! Il futuro è in loro mani, diamo loro lo spazio a cui hanno diritto.
-          Ogni operatore di catechesi, i catechisti, gli animatori dell’oratorio uniti in un impegno comune per il bene di tutti: lottiamo contro l’individualismo, primo nemico della fede.

Prendiamo esempio da Papa Francesco che sta con la gente, vuole stare in mezzo alla gente  per comunicare la sua vita di uomo giusto, la sua grande fede di vescovo e di Papa.


        

                              Una delle tante chiese di oggi dove si radunano i cristiani : tempi nuovi!




                                                      
 






martedì 2 aprile 2013

Le Sacre Scritture nella catechesi







La Sacra Scrittura, la Bibbia, è IL LIBRO, non è un sussidio,
 

è LA PAROLA,

  che deve essere annunciata, manifestata per essere trasferita nella vita di ognuno.


E’ il documento dell’annuncio della salvezza.







La catechesi è un incontro tra persone, bambini, ragazzi, giovani, adulti, sacerdoti, suore, catechisti…

 in cui si parla della vita, morte e risurrezione di Gesù. La sua vita coinvolge totalmente l’uomo che aderisce completamente non solo alla sua parola ma alla sua persona, alla sua totalità: uomo, Dio, figlio di Dio Padre.

Gesù, inviato dal Padre, nel momento storico ritenuto opportuno, viene per completare ciò che Dio aveva operato nei secoli a favore della sua creatura più preziosa, perché fatta a sua immagine e somiglianza: ridare all’umanità la possibilità di ritornare a Lui in modo definitivo.

Gesù insegnerà all’uomo tutto ciò che sarà necessario per raggiungere la felicità eterna nell’amore di Dio, senza abolire il passato storico delle rivelazioni di Dio all’uomo, ma completarlo con nuove rivelazioni.



Questa storia ci è stata trasmessa attraverso le scritture, le Sacre Scritture, Antico e Nuovo Testamento, scritte da uomini, ma sotto l’ispirazione dello Spirito Santo per quell’afflato di verità che l’uomo deve in ogni tempo accettare se vuole seguire Dio.

Per tutti la Bibbia diventa punto di riferimento per la predicazione, incominciando dal Papa all’ultimo cristiano inviato ad annunciare le meraviglie di Dio; per la formazione di tutti perché in essa troviamo le leggi, la volontà di Dio per l’uomo, l’amore predicato da Gesù.

La Sacra Scrittura è l’anima, il “Libro” della vita cristiana, in particolare l’anima della catechesi.

La Sacra Scrittura, la Bibbia, è IL LIBRO, non un sussidio. E’ LA PAROLA che deve essere annunciata, manifestata nel contesto di verità rivelate per essere trasferita nella vita di ognuno.

E’ il documento dell’annuncio della salvezza.



“ Alla Scrittura la Chiesa si riconduce per il suo insegnamento, la sua vita e il suo culto; perciò, la Scrittura ha sempre il primo posto nelle varie forme del ministero della parola, come in ogni attività pastorale. Ignorare la Scrittura, sarebbe ignorare Cristo” (Rinn. Della catechesi, 105.)



Più che insegnamento è annuncio e testimonianza della vita di Gesù come da predicazione apostolica tramandata ininterrottamente fino ai nostri giorni. Abbiamo ricevuto dalle Sacre Scritture e dagli Apostoli quanto è necessario per la conoscenza, l’incremento della fede e per la santità della vita.

 “In questo contesto, momento vivo della Tradizione è ogni atto di catechesi, che dalla Tradizione e dalla Scrittura trae il suo messaggio e il suo metodo, per far crescere la comprensione e l’esperienza della fede. Per questo, la catechesi si ispira agli scritti dei Padri e al magistero, che attestano la vivificante presenza della Tradizione nella Chiesa” ( id.109).



Nella chiesa annunciamo Gesù il Redentore, morto in croce e risorto, non distaccato dalle Scritture, ma strettamente connesso ad esse.



 L’antico Testamento ci mostra l’opera di Dio dalla creazione fino alla venuta di Gesù, fattosi uomo come noi; ciò che Dio, introducendosi nella storia umana, ha fatto per l’uomo per ricuperarlo in vista della sua salvezza. Non direttamente Dio opera ma servendosi di altri uomini che parlano per Lui al popolo che Dio scelse per portare avanti il disegno di salvezza.



Conoscere questi avvenimenti, questi uomini inviati da Dio, il travaglio di un popolo ci preparano a meglio conoscere la nostra storia, ci predispongono a ricevere il nuovo messaggio della predicazione di Gesù, ci formano per continuare a tramandare ad altri le verità rivelate in Gesù, che a loro volta ripeteranno alla loro generazione.

In questo contesto bisogna inserire La Scrittura che ci è stata tramandata nella nostra vita cristiana. Non possiamo ignorarla ma ognuno secondo le proprie capacità deve avvicinarsi ad essa, ogni cristiano deve trasmetterla non solo a parole ma con l’esempio della sua vita per edificazione dei fratelli e come testimonianza per coloro che ancora non credono.


L’annuncio nella Chiesa


La parola di Dio è annuncio di vita eterna e di comunione, fratellanza tra i popoli e col Padre e con il Figlio suo Gesù.

 “ Vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi; quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col figlio suo Gesù Cristo” ( 1 Giov.1,2-3).



La Chiesa come comunità di credenti deve fare proprio questo annuncio senza tralasciare la sua storia antica, la storia del rapporto che Dio ha voluto incominciare e poi continuare con l’uomo.

Conoscere questa storia è scoprire l’amore di Dio per noi: come possiamo amare Dio se non lo conosciamo? Come possiamo comunicarlo ad altri? Gli esempi degli uomini vissuti prima di noi, di coloro che hanno detto sì al Signore saranno per noi esempio e stimolo, ci prepareranno meglio a ricevere e seguire Gesù.



 “Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (Giov.1,3), offre agli uomini una perenne testimonianza di sé nelle cose create ( Rom.1,19-20).



Inoltre, ” volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori.

Dopo la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò nella speranza della salvezza ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza perseverando nelle opere di bene.

A suo tempo chiamò Abramo, per fare di lui un popolo numeroso; dopo i patriarchi ammaestrò questo popolo per mezzo di Mosè e dei profeti, affinché lo riconoscessero come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stesse in attesa del salvatore promesso.

In tal modo preparò i secoli la via al Vangelo” ( Lumen Gentium 1,3).



Molti secoli saranno raccontati in questa storia in cui Dio comunica all’uomo la sua volontà per convincerlo della sua esistenza, della sua bontà e onnipotenza e di conseguenza venire accettato.



Si capiranno meglio tutti questi interventi di Dio, quando arriva in mezzo a noi il Figlio di Dio, Gesù. Il popolo ebreo, popolo di Dio, si era mostrato debole, incapace di riconoscere l’amore di Dio per lui: Dio era onnipotente perché pronto a intervenire per il suo popolo, misericordioso perché sempre disponibile al perdono. Il popolo ebreo si sentiva amato da Dio per le meraviglie che operava, ma fu incapace di ricambiare l’amore del suo Dio.



Lumen Gentium 1,4 “ Dio, che aveva già parlato a più riprese e in diversi modi per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato per mezzo del Figlio” (Eb.1,1-2).

Mandò infatti il Figlio suo, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio…porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre…porta a perfetto compimento la rivelazione e la conferma con la testimonianza divina, cioè manifestando che Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e per risuscitarci alla vita eterna” ( Lumen Gentium 1,4).



La Chiesa, voluta da Gesù, rimane fedele al mandato ricevuto: “ Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).



La vita nella Chiesa

La Chiesa oltre ad annunciare il Vangelo rende culto di fede a Dio nelle varie chiese sparse ormai in tutto il mondo a comunità riunite, quale nuovo popolo di Dio.
Si alimenta oltre che con la Parola con i mezzi che Gesù volle, i sacramenti.
Frutto immediato della nostra fede sono le opere che manifestano il nostro vivere in Dio messo a disposizione dei fratelli, significanti amore, restituzione, testimonianza.



La comunità

Tutti i credenti in Gesù formano il popolo di Dio in cammino verso una meta stabilita, unica per tutti coloro che osservano ciò che Gesù ha comandato. Tutti hanno il compito in base ai doni e carismi ricevuti di annunciare Gesù, trasmettere ad altri la fede, l’amore che ci guida, in modo che arrivi a quelli che verranno dopo di noi.
Questo comunicare, trasmettere, annunciare avviene di solito presso le comunità, chiese locali nelle diverse occasioni di liturgia, di attività proprie: la catechesi diventa mezzo indispensabile per una comunità di credenti viva, partecipe, capace di rinnovo e crescita.

La catechesi

 attenta alle esigenze e condizioni umane ha il compito nella Chiesa di trasmettere fedelmente ciò che le Scritture insegnano, la tradizione ha tramandato, fomentando la comunione tra i fedeli e i ministri preposti, papa, vescovi, sacerdoti uniti come Corpo unico di Gesù.


 “Gesù, che è all’inizio e al centro della storia della salvezza, ne è dunque la conclusione e il fine. La Chiesa, sua Sposa, mossa dallo Spirito Santo, ne attende e ne invoca il ritorno: “Vieni, Signore Gesù”.
 Chi fa catechesi alimenta instancabilmente quest’attesa e questa preghiera, che predispone, nella carità dello Spirito, al “nostro adunarci con Cristo” e al beatificante possesso finale di Dio” (Rinnov. Catechesi 101).

A questo punto possiamo chiederci: Conosciamo le Sacre Scritture?

Le conosciamo e le abbiamo interiorizzate in modo da trasmetterle ad altri e dare testimonianza di quello che diciamo?



In una intervista di Umberto De Vanna alla signora Raffaella Capetti, esperta in catechesi biblica ha detto:

Crede che i catechisti siano generalmente preparati a usare la Bibbia nella catechesi? Che cosa proporrebbe al riguardo?



«Ci sono catechisti preparati a fare catechesi con la Bibbia e altri che non lo sono», ma l'ignoranza della Bibbia per noi cattolici ha radici lontane».
Ci si deve intendere su ciò che significa «preparati a usare la Bibbia in catechesi». Ci riferiamo alla lettura della Bibbia, alla riflessione e allo scambio di parola nella comunità cristiana? Oppure alla conoscenza esegetica, a quella dei contesti e dei generi letterari?



“Certamente un minimo di conoscenza di questo genere è necessaria, ma più di tutto lo è la familiarità con i testi e l’impegno personale nello scambio di parola sui testi, nell’interrogarli e interrogarsi di fronte a essi. Questo è il tirocinio indispensabile a chi voglia proporre una catechesi biblica, e per quanto ci riguarda, noi intendiamo evitare che un catechista possa rivolgersi a un gruppo di bambini, di ragazzi o di adulti senza essersi adeguatamente preparato in un «gruppo di catechisti». Riteniamo, anzi, che un frutto della Catechesi biblica simbolica sia proprio la formazione dei catechisti che, per primi, memorizzano le storie della Bibbia e le approfondiscono in gruppo fino alla preghiera.


“Non è possibile per un catechista, per quanto preparato, incominciare a fare catechesi biblica in solitudine: è indispensabile formarsi in un gruppo opportunamente guidato, sia dal punto di vista biblico che da quello pedagogico. Proprio per questo da noi chi fa Catechesi biblica simbolica passa attraverso un’informazione e una formazione iniziali, seguiti da incontri mensili in gruppi in cui i catechisti si preparano e approfondiscono la formazione accompagnati e guidati da persone esperte e preparate”.



Non possiamo pretendere di fare catechesi non conoscendo e avendo fatto nostro il dialogo che da secoli Dio fa con l’uomo.

Inoltre è da tenere presente che una vera formazione biblica non dipende da una interpretazione personale, da uno studio personale anche se accurato, ma tenendo conto dell’insegnamento del magistero della Chiesa, accompagnato dalla preghiera allo Spirito Santo, datore di discernimento delle cose di Dio.




Per finire una preghiera di Sant’Ilario vescovo, padre della Chiesa che ci potrà essere di aiuto in alcuni momenti del nostro cammino:



Dal «Trattato sulla Trinità» di sant’Ilario, vescovo.



“Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te.

L’esercizio della parola, di cui mi hai fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che tu sei Padre, Padre cioè dell’Unigenito Dio.

Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare il dono del tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio del tuo Spirito possa gonfiare le vele della nostra fede e della nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa. Non viene meno infatti alla sua parola colui che ci ha fatto questa promessa: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Mt 7, 7).